Inverno 2012/2013, l'idea era di passare il Capodanno in Iran, ma i persiani non mi concedettero il visto individuale
e allora fu Afghanistan, via terra dal Tajikistan e in uscita verso l'Uzbekistan.
Da Bishkek, la Capitale del Kirghizistan.
Partenza da Roma con Turkish Airlines. Al gate 211 dell'aeroporto Ataturk fissavo perplesso il monitor:
"Tk 348: Istanbul +10, Bishkek -20."
"Coraggio -pensavo- sono sopravvissuto al -36 siberiano di Tomsk, ce la faro' anche stavolta". "E poi il freddo conserva..."
Atterraggio all'alba, nella cella frigorifera di Manas e un bel grazie ai doganieri kirghizi che mi evitano la fila al controllo passaporti:
"Italian, come here!".
Una settimana per arrivare in Tajikistan, volando su Osh e poi via terra in auto fino a Fergana, dopo aver passato la frontiera Kinghizistan-Uzbekistan. Treno per Kochand e ancora auto, a tappe, fino a Khujand attraversando la frontiera Uzbekistan-Tajikistan a Melnikovo.
Il Tajikistan contende a Bhutan e Nepal la palma di Paese mediamente più elevato sul livello del mare; le due città principali, Khujand a nord e la Capitale Dushanbe a sud distano tra loro soltanto 300 km, ma sono separate dalla catena dei monti Hisor che supera i 4000 metri di altezza.
L'unica strada che percorre quell'itinerario, la M34, presenta lungo il percorso il famigerato "Anzob Tunnel", una infernale galleria lunga 5040 metri, con una sola carreggiata, a doppio senso di circolazione.
"Tunnel Of Death: which is one of the most terrifying places on earth to drive".
Così lo dipinge il "Daily Mail".
L'alternativa alle cinque/sei ore di auto è una d'aereo con i frequenti voli interni, ma io
sceglierò la strada, senza alcun dubbio.
E' il 26 dicembre quando di buon mattino mi reco nel piazzale da cui partono i mezzi per Dushanbe. Ce ne è più d'uno, l'istinto mi porta a scegliere "quel" Toyota 4-Runner.
Sono il settimo passeggero, dovremo aspettarne altri tre per riempire il veicolo. Il rude, ma efficace autista mette a tacere chi si lamenta del posto assegnatogli o non si fida dell'ancoraggio dei bagagli e dopo qualche minuto ci siamo, si parte; dopo cinque ore circa saremo a destinazione.
Sono emozionato? Sono emozionato...
I primi km del viaggio scorrono tranquillamente; traffico non congestionato ed io, seduto accanto al finestrino in seconda fila, mi godo lo splendido paesaggio della valle a sud di Khujand.
Cordiali e curiosi, i compagni di viaggio mettono a nudo le mie scarse conoscenze di russo, ma grazie alle mie dieci frasi "magiche" riesco comunque ad imbastire un minimo di dialogo.
Non c'è neve, ma gli imponenti monti Hisar, imbiancati, si avvicinano. Cominciamo a salire e adesso sì, neve, freddo e vento, ma le quattro ruote motrici del Suv giapponese tengono, anche durante i sorpassi azzardati dell'autista.
Ammiro panorami mozzafiato ed affascinanti stratificazioni rocciose -che avrebbero fatto felice un appassionato di geologia- e arriva il momento di fare una sosta, "in the middle of nowhere", alle porte di Айнӣ. Di nuovo non c'è più la neve e non fa nemmeno troppo freddo, Dushanbe dista 100 km. Tante foto, uno spuntino e il "Tunnel della morte", ancora da percorrere, adesso fa meno paura. Ripartiamo, ricominciamo a salire e nella tempesta di neve compare la sagoma di un tunnel. Ci siamo. E' lui: l'Anzob Tunnel.
Visto da fuori è uguale agli altri, ma basta percorrerlo per poche centinaia di metri per scoprire le differenze. Non è illuminato, la strada non pavimentata è un pantano caratterizzato da dossi e buche che sembrano voragini. Dalle pareti nere e ammuffite scorre acqua a rivoli. Carcasse di veicoli e di chissà cos'altro, di ogni dimensione presenti sulla carreggiata costringono i mezzi a furiose gimkane. Smog e polveri rendono l'aria irrespirabile. Vie di fuga nemmeno a parlarne. Il bagliore dei fanali dei veicoli che provengono dal verso opposto realizzano spettrali giochi di luci ed ogni incrocio è soltanto uno scampato scontro frontale.
I compagni di viaggio sono sereni, l'autista sicuro di sé. Ma loro sono abituati, io no.
La musica a tutto volume in qualche modo camuffa la mia ansia, ma il tempo è galantuomo e quegli interminabili 15 minuti percorsi alla media di 20km/h passeranno, tutto sommato, agevolmente.
"Il diavolo non era stato cosi' nero come lo dipingevano", pensavo una volta usciti fuori
Facile a dirlo, dopo.
In meno di un'ora arriveremo a Dushanbe. Due giorni di riposo nella tranquilla e piacevole capitale tajika prima di proseguire per Kunduz, Afghanistan.
Sono stato in Tajikistan a dicembre del 2012
Partenza da Roma con Turkish Airlines. Al gate 211 dell'aeroporto Ataturk fissavo perplesso il monitor:
"Tk 348: Istanbul +10, Bishkek -20."
"Coraggio -pensavo- sono sopravvissuto al -36 siberiano di Tomsk, ce la faro' anche stavolta". "E poi il freddo conserva..."
Atterraggio all'alba, nella cella frigorifera di Manas e un bel grazie ai doganieri kirghizi che mi evitano la fila al controllo passaporti:
"Italian, come here!".
Una settimana per arrivare in Tajikistan, volando su Osh e poi via terra in auto fino a Fergana, dopo aver passato la frontiera Kinghizistan-Uzbekistan. Treno per Kochand e ancora auto, a tappe, fino a Khujand attraversando la frontiera Uzbekistan-Tajikistan a Melnikovo.
Il Tajikistan contende a Bhutan e Nepal la palma di Paese mediamente più elevato sul livello del mare; le due città principali, Khujand a nord e la Capitale Dushanbe a sud distano tra loro soltanto 300 km, ma sono separate dalla catena dei monti Hisor che supera i 4000 metri di altezza.
L'unica strada che percorre quell'itinerario, la M34, presenta lungo il percorso il famigerato "Anzob Tunnel", una infernale galleria lunga 5040 metri, con una sola carreggiata, a doppio senso di circolazione.
"Tunnel Of Death: which is one of the most terrifying places on earth to drive".
Così lo dipinge il "Daily Mail".
L'alternativa alle cinque/sei ore di auto è una d'aereo con i frequenti voli interni, ma io
sceglierò la strada, senza alcun dubbio.
E' il 26 dicembre quando di buon mattino mi reco nel piazzale da cui partono i mezzi per Dushanbe. Ce ne è più d'uno, l'istinto mi porta a scegliere "quel" Toyota 4-Runner.
Sono il settimo passeggero, dovremo aspettarne altri tre per riempire il veicolo. Il rude, ma efficace autista mette a tacere chi si lamenta del posto assegnatogli o non si fida dell'ancoraggio dei bagagli e dopo qualche minuto ci siamo, si parte; dopo cinque ore circa saremo a destinazione.
Sono emozionato? Sono emozionato...
I primi km del viaggio scorrono tranquillamente; traffico non congestionato ed io, seduto accanto al finestrino in seconda fila, mi godo lo splendido paesaggio della valle a sud di Khujand.
Cordiali e curiosi, i compagni di viaggio mettono a nudo le mie scarse conoscenze di russo, ma grazie alle mie dieci frasi "magiche" riesco comunque ad imbastire un minimo di dialogo.
Non c'è neve, ma gli imponenti monti Hisar, imbiancati, si avvicinano. Cominciamo a salire e adesso sì, neve, freddo e vento, ma le quattro ruote motrici del Suv giapponese tengono, anche durante i sorpassi azzardati dell'autista.
Ammiro panorami mozzafiato ed affascinanti stratificazioni rocciose -che avrebbero fatto felice un appassionato di geologia- e arriva il momento di fare una sosta, "in the middle of nowhere", alle porte di Айнӣ. Di nuovo non c'è più la neve e non fa nemmeno troppo freddo, Dushanbe dista 100 km. Tante foto, uno spuntino e il "Tunnel della morte", ancora da percorrere, adesso fa meno paura. Ripartiamo, ricominciamo a salire e nella tempesta di neve compare la sagoma di un tunnel. Ci siamo. E' lui: l'Anzob Tunnel.
Visto da fuori è uguale agli altri, ma basta percorrerlo per poche centinaia di metri per scoprire le differenze. Non è illuminato, la strada non pavimentata è un pantano caratterizzato da dossi e buche che sembrano voragini. Dalle pareti nere e ammuffite scorre acqua a rivoli. Carcasse di veicoli e di chissà cos'altro, di ogni dimensione presenti sulla carreggiata costringono i mezzi a furiose gimkane. Smog e polveri rendono l'aria irrespirabile. Vie di fuga nemmeno a parlarne. Il bagliore dei fanali dei veicoli che provengono dal verso opposto realizzano spettrali giochi di luci ed ogni incrocio è soltanto uno scampato scontro frontale.
I compagni di viaggio sono sereni, l'autista sicuro di sé. Ma loro sono abituati, io no.
La musica a tutto volume in qualche modo camuffa la mia ansia, ma il tempo è galantuomo e quegli interminabili 15 minuti percorsi alla media di 20km/h passeranno, tutto sommato, agevolmente.
"Il diavolo non era stato cosi' nero come lo dipingevano", pensavo una volta usciti fuori
Facile a dirlo, dopo.
In meno di un'ora arriveremo a Dushanbe. Due giorni di riposo nella tranquilla e piacevole capitale tajika prima di proseguire per Kunduz, Afghanistan.
Sono stato in Tajikistan a dicembre del 2012






