GUERRE & COMORE
"Mayotte est comorienne et le restera a jamais"
Le Comore non è un luogo adatto ai turisti "all-inclusive"; ma per loro, a poche miglia, c'è Zanzibar,
a meno che non scelgano di rinchiudersi, a caro prezzo, nei due resort di lusso esistenti.
E' tutto apparentemente complicato. Non esistono trasporti pubblici, ma solo taxi e mini-van collettivi che viaggiano sistematicamente in...overbooking: in diciotto nei mezzi omologati per dodici. E se è necessario percorrere una strada diversa dalle quattro messe a posto dai cinesi, è un viaggio terribile.
Non esiste una raccolta dei rifiuti organizzata; l'intera isola è una discarica, anche la collina che dà
su una delle spiaggie più belle, Chomoni, è ricolma di plastica e materiale organico.
"Ma com'è possibile?" -ho provato a chiedere più volte-
finché ho ottenuto la risposta definitiva e convincente:
"Ma che cazzo te ne frega? Se non ti piace, tornatene a Parigi".
Ridotta all'essenziale la pubblica illuminazione: al calar del sole, Capitale, villaggi e strade sono avvolte nel buio. Girare per Moroni a piedi sembrerebbe un azzardo, soprattutto per uno "mzungu", ma la criminalità è praticamente inesistente. Si rischia, molto, di essere investiti dalle poche auto circolanti e di pestare un topo morto, o scansarne molti, vivi.
In tutto l'arcipelago funzionano soltanto due bancomat che accettano carte internazionali (quello dell'Hotel Retaj e quello di un supermercato della catena Sawa Prix), quando riforniti di contanti.
Le banche non sono d'aiuto, l'euro è utilizzato ovunque a cambio fisso (1euro=490 kfm, gennaio 2022). Ma bisogna averli con sé, perché sull'isola non c'è modo di procurarsene.
Epperò, chi ha spirito d'adattamento, dopo i primi giorni di confusione, capito come funziona, ha la possibilità di ammirare tante meraviglie della natura, e non solo.
Spiaggie, panorami, buon cibo.
La popolazione non è sempre cordiale ed ospitale con i bianchi, ma quelli che lo sono, lo sono davvero. Ho dormito una notte, e avrei potuto farlo per tutto il tempo che avrei voluto, in una casa comoriana, in un villaggio dalla parte opposta della Capitale. La paura della malaria, endemica sull'isola, mi ha suggerito di tornare a Moroni, in una stanza con aria condizionata
a meno che non scelgano di rinchiudersi, a caro prezzo, nei due resort di lusso esistenti.
E' tutto apparentemente complicato. Non esistono trasporti pubblici, ma solo taxi e mini-van collettivi che viaggiano sistematicamente in...overbooking: in diciotto nei mezzi omologati per dodici. E se è necessario percorrere una strada diversa dalle quattro messe a posto dai cinesi, è un viaggio terribile.
Non esiste una raccolta dei rifiuti organizzata; l'intera isola è una discarica, anche la collina che dà
su una delle spiaggie più belle, Chomoni, è ricolma di plastica e materiale organico.
"Ma com'è possibile?" -ho provato a chiedere più volte-
finché ho ottenuto la risposta definitiva e convincente:
"Ma che cazzo te ne frega? Se non ti piace, tornatene a Parigi".
Ridotta all'essenziale la pubblica illuminazione: al calar del sole, Capitale, villaggi e strade sono avvolte nel buio. Girare per Moroni a piedi sembrerebbe un azzardo, soprattutto per uno "mzungu", ma la criminalità è praticamente inesistente. Si rischia, molto, di essere investiti dalle poche auto circolanti e di pestare un topo morto, o scansarne molti, vivi.
In tutto l'arcipelago funzionano soltanto due bancomat che accettano carte internazionali (quello dell'Hotel Retaj e quello di un supermercato della catena Sawa Prix), quando riforniti di contanti.
Le banche non sono d'aiuto, l'euro è utilizzato ovunque a cambio fisso (1euro=490 kfm, gennaio 2022). Ma bisogna averli con sé, perché sull'isola non c'è modo di procurarsene.
Epperò, chi ha spirito d'adattamento, dopo i primi giorni di confusione, capito come funziona, ha la possibilità di ammirare tante meraviglie della natura, e non solo.
Spiaggie, panorami, buon cibo.
La popolazione non è sempre cordiale ed ospitale con i bianchi, ma quelli che lo sono, lo sono davvero. Ho dormito una notte, e avrei potuto farlo per tutto il tempo che avrei voluto, in una casa comoriana, in un villaggio dalla parte opposta della Capitale. La paura della malaria, endemica sull'isola, mi ha suggerito di tornare a Moroni, in una stanza con aria condizionata