Quando pensiamo di partire, la sicurezza è un parametro determinante per la scelta della destinazione.
Ritornare a casa sani e salvi (tranne qualche eccezione, chessò, i kamikaze giapponesi o chi spera di trovare
undici vergini in paradiso) è, evidentemente, condizione necessaria, per qualcuno anche sufficiente, della buona riuscita del viaggio.
Ma cosa s'intende per "sicurezza" e come si fa a definire un luogo più (o meno) "pericoloso" di un altro?
In rete si trovano tante classifiche delle "città più pericolose del mondo", stilate anche da autorevoli testate ma che, nella maggior parte dei casi, prendono in considerazione soltanto il numero di omicidi rispetto agli abitanti. Parametro certamente significativo, ma non esaustivo. Ad esempio Cali, in cui sono stato, terza città più popolosa della Colombia con 2.500.000 abitanti, è sempre ai primi posti in quegli elenchi per gli oltre 1200 omicidi all'anno. Ma non si tiene conto che quelle morti violente afferiscono esclusivamente alle faide tra bande locali e non riguardano, se non indirettamente, i visitatori. Cali non è affatto pericolosa.
Maggiori problemi si incontrano laddove dilaga la microdelinquenza (furti, scippi, rapine) che, invece, ha come target principale proprio i turisti; tali luoghi diventano poi realmente temibili quando sono presenti fenomeni di teppismo fine a se stesso. Accade nelle città dove è alto il tasso di disoccupazione, ampia la disuguaglianza sociale ed economica tra le fasce della popolazione, non c'è integrazione tra diverse etnie. Mi viene in mente Port Moresby dove bande di giovani, "Raskols", imperversano in città attaccando chiunque, non solo a scopo di rapina, senza che la polizia riesca ad arginarli.
Conta, e molto, il motivo del viaggio: una destinazione sicura come meta di piacere, ad esempio Paesi quali Bangladesh/Pakistan/Egitto, potrebbe non esserla per un viaggio di lavoro.
Ma la pericolosità di un luogo dipende essenzialmente dagli atteggiamenti, dai comportanti e dalla capacità di adattarsi alle altre culture.
Vale l'assioma:
"A casa degli altri, siamo noi gli stranieri".
Sembra banale, ma c'è chi riuscirebbe a cacciarsi in un guaio anche alla fermata di un autobus di Lugano...penso a quei due italiani finiti in carcere a Krabi per aver bruciato (!?!) la bandiera thailandese. Chapeau!
Si è portati a ritenere il contrario, ma è molto più pericoloso viaggiare in "gruppo", peggio ancora se organizzato: una comitiva dà maggiormente nell'occhio rispetto ad un abituale viaggiatore solitario il quale, in genere, è più scaltro ed è responsabile solo delle proprie azioni.
Ritengo sia complicato e molto soggettivo stilare una classifica; per la mia esperienza è un'ampia area dell'America Centrale (Guatemala, Honduras, El Salvador, Belize) quella in cui ho percepito maggiore insicurezza; il Sudamerica, ad eccezione del Venezuela e della Guyana, mi è sembrato meno pericoloso di quanto immaginassi, sebbene alcune città brasiliane richiedano il massimo livello di attenzione. Ma è un piccolo Paese caraibico, Haiti, in modo particolare la Capitale Port au Prince, il più pericoloso tra i 125 in cui ho messo piede. Nella mia lista non trova posto alcuna città asiatica, nemmeno quelle dell' Afghanistan, Pakistan e Iraq (Kurdistan), che al contrario, sono in testa nell'accoglienza:
"L'ospite è un dono di Allah"
così mi accolse il capofamiglia della casa privata di uno sconosciuto che mi ospitò la mia prima notte a Kunduz.
Non compare alcuna città messicana né statunitense perché i miei ricordi risalgono al 1992 e complice l'inconscienza della giovane (!) età (fu il primo viaggio intercontinentale) non percepii alcun pericolo. Ma, forse, una città di entrambi i Paesi un posto nella top-ten lo "meriterebbe".
Ma cosa s'intende per "sicurezza" e come si fa a definire un luogo più (o meno) "pericoloso" di un altro?
In rete si trovano tante classifiche delle "città più pericolose del mondo", stilate anche da autorevoli testate ma che, nella maggior parte dei casi, prendono in considerazione soltanto il numero di omicidi rispetto agli abitanti. Parametro certamente significativo, ma non esaustivo. Ad esempio Cali, in cui sono stato, terza città più popolosa della Colombia con 2.500.000 abitanti, è sempre ai primi posti in quegli elenchi per gli oltre 1200 omicidi all'anno. Ma non si tiene conto che quelle morti violente afferiscono esclusivamente alle faide tra bande locali e non riguardano, se non indirettamente, i visitatori. Cali non è affatto pericolosa.
Maggiori problemi si incontrano laddove dilaga la microdelinquenza (furti, scippi, rapine) che, invece, ha come target principale proprio i turisti; tali luoghi diventano poi realmente temibili quando sono presenti fenomeni di teppismo fine a se stesso. Accade nelle città dove è alto il tasso di disoccupazione, ampia la disuguaglianza sociale ed economica tra le fasce della popolazione, non c'è integrazione tra diverse etnie. Mi viene in mente Port Moresby dove bande di giovani, "Raskols", imperversano in città attaccando chiunque, non solo a scopo di rapina, senza che la polizia riesca ad arginarli.
Conta, e molto, il motivo del viaggio: una destinazione sicura come meta di piacere, ad esempio Paesi quali Bangladesh/Pakistan/Egitto, potrebbe non esserla per un viaggio di lavoro.
Ma la pericolosità di un luogo dipende essenzialmente dagli atteggiamenti, dai comportanti e dalla capacità di adattarsi alle altre culture.
Vale l'assioma:
"A casa degli altri, siamo noi gli stranieri".
Sembra banale, ma c'è chi riuscirebbe a cacciarsi in un guaio anche alla fermata di un autobus di Lugano...penso a quei due italiani finiti in carcere a Krabi per aver bruciato (!?!) la bandiera thailandese. Chapeau!
Si è portati a ritenere il contrario, ma è molto più pericoloso viaggiare in "gruppo", peggio ancora se organizzato: una comitiva dà maggiormente nell'occhio rispetto ad un abituale viaggiatore solitario il quale, in genere, è più scaltro ed è responsabile solo delle proprie azioni.
Ritengo sia complicato e molto soggettivo stilare una classifica; per la mia esperienza è un'ampia area dell'America Centrale (Guatemala, Honduras, El Salvador, Belize) quella in cui ho percepito maggiore insicurezza; il Sudamerica, ad eccezione del Venezuela e della Guyana, mi è sembrato meno pericoloso di quanto immaginassi, sebbene alcune città brasiliane richiedano il massimo livello di attenzione. Ma è un piccolo Paese caraibico, Haiti, in modo particolare la Capitale Port au Prince, il più pericoloso tra i 125 in cui ho messo piede. Nella mia lista non trova posto alcuna città asiatica, nemmeno quelle dell' Afghanistan, Pakistan e Iraq (Kurdistan), che al contrario, sono in testa nell'accoglienza:
"L'ospite è un dono di Allah"
così mi accolse il capofamiglia della casa privata di uno sconosciuto che mi ospitò la mia prima notte a Kunduz.
Non compare alcuna città messicana né statunitense perché i miei ricordi risalgono al 1992 e complice l'inconscienza della giovane (!) età (fu il primo viaggio intercontinentale) non percepii alcun pericolo. Ma, forse, una città di entrambi i Paesi un posto nella top-ten lo "meriterebbe".
La zona coloniale, centro della città, è bella, ben tenuta e controllata.
Ma al di fuori, anche di giorno non si respira un'aria tranquilla. Furti, rapine, aggressioni, talvolta con esito fatale accadono con frequenza. Problemi non ne ho incontrati -nemmeno di notte- soprattutto perché non ne ho cercati, ma non mi sono sentito libero come lo sarei stato in una qualsiasi Capitale asiatica.
Sono stato in Repubblica Dominicana nell'estate 2015
In Brasile la prima volta nel lontano 1999; mi sono addentrato anche nelle favelas di Rio e Natal ma la città meno sicura, per la mia percezione, fu Salvador de Bahia. Testimonianza fotografiche ridotte al minimo, "a quei tempi" c'erano i rullini e gli scatti andavano centellinati. Ci sono tornato a giugno 2019 attraversando lo stato Rio Grande do Sul fino a raggiungere le cascate di Iguaçu senza incorrere, come prevedibile, in alcun inconveniente.
Sono stato in Brasile nel lontano 1999 e poi la seconda volta a giugno 2019
Rispetto alle altre Capitali di quell'area del Centro America, ricordo minor percezione di pericolo nei miei giri notturni; polizia apparentemente più cordiale, gente meno diffidente e più sorridente. Di ritorno da una escursione a Sansonate ho passato oltre un'ora a Santa Tecla, città satellite ad est dalla Capitale per attendere un mezzo pubblico. Tante facce poco raccomandabili, molti sguardi "curiosi", ma nessuna aggressione, nemmeno verbale. Nel quartiere dove risiedevo, la migliore "papuseria" della città, tappa obbligata quotidiana.
Sono stato in El Salvador a maggio 2014
Il Venezuela sta vivendo anni di crisi profonda, la gente è allo stremo e pare che Caracas sia un inferno. Nella Capitale non ci sono stato ma è bastato un breve soggiorno a Barcelona, uno dei maggiori agglomerati urbani del Paese, per toccare con mano la realtà del momento. Prese tutte contromisure da una possibile aggressione, l'abbiamo poi subita dalla famigerata "Polizia Nazionale Bolivariana". Inevitabile l'estorsione, di pochi euro.
Ma nel complesso, meno peggio di quanto immaginassi.
Sono stato in Venezuela ad aprile 2018
Città più grande ed importante, ma non la Capitale del Belize (ex colonia inglese
in America Centrale), che è Belmopan. Interessante, ma non irresistibile, ho avuto la fortuna di fare subito amicizia con un tassista, che è stato la mia guida durante la permanenza in città.
Ed è stato tutto più semplice. Ma l'unica notte in cui sono rimasto solo, ho chiaramente percepito insicurezza e ho limitato i miei spostamenti intorno al centro.
Sono stato in Belize a maggio 2014
E' la città più popolosa dell' America Centrale, divisa in 22 "zone". Ha un fascino particolare e di giorno, tutto sommato, non pare presentare rischi diversi da quelli standard. Di notte, come spesso accade, cambia tutto ed è necessario usare massima cautela negli spostamenti. Letto che le zone 1, 7 e 18 sono le più pericolose, le avrei voluto visitare di notte, ma non ho trovato alcun tassista disponibile, nemmeno offrendo più soldi. Da solo sarebbe stato una follìa.
"Rodeo in zona sette" titolava un giornale la mattina successiva, con la descrizione dettagliata, con tanto di fumetto, di un'aggressione terminata in tragedia, con un poliziotto e due malviventi uccisi.
Sono stato in Guatemala a maggio 2014
Città urbanisticamente strana, senza senza un vero "centro", almeno come lo intendiamo noi in occidente. Strade troppo ampie, scarsa illuminazione, enormi distanze da un punto ad un altro. Dopo il tramonto regna l'anarchia, gruppi di giovani teppisti -"Rascols"- terrorizzano la città con rapine e violenza stile "arancia meccanica". Di notte ho sempre girato in compagnia -i melanesiani sono gentilissimi- e anche per questo non ho avuto alcun problema.
Peggio dei Rascols, i serpenti velenosi che non di rado si vedono strisciare anche in strada, il cui morso porta rapidamente alla morte. Non basso il rischio di contrarre malaria e/o dengue.
Sono stato a Papua Nuova Guinea a giugno 2016, giugno 2017 e novembre 2019
Capitale di uno strano Paese del Sudamerica, l'unico in quell'area cui si parla inglese, perché colonia britannica fino al 1966. Non compare nelle classifiche di pericolosità solo perché è poco conosciuta. In realtà inviti alla cautela ne avevamo letti, ma, colpevolmente, sottovalutati. Nemmeno il negativo impatto in aeroporto che, invece, è un termometro indicativo, ci era bastato: i viaggi verso la città è gestito con metodo mafioso, agli stranieri è impedito l'uso dei mezzi pubblici, costringendoli ad utilizzare i taxi a prezzi esorbitanti. E noi l'autobus siamo andati a prenderlo alla prima fermata fuori dall'aerostazione, nonostante ripetute minacce ed aggressioni verbali.
Dopo il tramonto le strade del centro sono buie, desolate, senza attività commerciali aperte. La gente è molto aggressiva anche negli atteggiamenti; abbiamo assistito spesso a risse nella caotica (ma affascinante) piazza del mercato dove due bianchi sono facilmente riconoscibili. Continue richieste di soldi, minacce gratuite ("Io vi conosco, siete due mafiosi, stasera vengo a casa vostra"), un tentativo di aggressione scampato per fortuna. E' stato necessario elevare al massimo il livello di attenzione per non passare guai seri.
Georgetown è una città in cui probabilmente non tornerò.
Sono stato in Guyana ad aprile 2018
La seconda città più grande di Honduras, considerata una delle più pericolose al mondo e lo è davvero. Il più alto tasso di omicidi e traffico illegali di armi. Diffusa la microcriminalità: "una città che tutti i turisti farebbero bene ad evitare", si legge.
Ma io non sono un turista e ci sono andato apposta.
L'atmosfera è pesante anche di giorno, percepivo diffidenza anche chiedendo semplici informazioni. Le abitazioni di interi quartieri residenziali protette da pesanti inferriate e filo spinato che, a leggere dalle avvertenze, sarebbe elettrificato.
Di notte, tranne nel quartiere dei bar, c'è una sorta di coprifuoco.
Giunsi in città alle 19,30 in minibus dal nord del Paese e la coppia che viaggiava con me all'arrivo in autostazione mi scortò fino al taxi, da loro individuato:
"Stasera non uscire dall'albergo". Invece -e figurati- uscii, ma bastò percorrere poche centinaia di metri per avere chiaro il quadro. Le poche attività commerciali aperte (farmacia, area di servizio, qualche ristorante) presidiate da polizia privata in assetto da guerra; anche i due accessi del Mac Donald's protetti da uomini armati. Difficilissimo trovare un taxi disposto a soddisfare la mia richiesta del giro notturno della città senza meta:
"Ma dove devi andare?"
"Da nessuna parte, solo girare".
"Trovatene un altro".
Finalmente -e a caro prezzo- uno lo trovai, tutt'altro che in vena di socializzare. La sua iniziale perplessità divenne terrore nel momento appoggiai la mia fotocamera sul cruscotto. Tanti i tassisti morti ammazzati ogni anno a San Pedro, colpevoli solo di aver trasportato la persona sbagliata, nel momento sbagliato. In quella mezzora ho visto almeno tre "incidenti" con la polizia già sul posto. "Cosa sarà successo?"
Nessuna risposta dall'autista che, mani saldamente sul volante, occhi fissi sulla strada, non vedeva l'ora di riportarmi in hotel.
Sui giornali del mattino il resoconto della notte precedente.
"Matan la policia dentro de bus", uno dei titoli a nove colonne.
Sottotitolo, "due colpi negli occhi, uno alla bocca".
Sono stato in Honduras a maggio 2014
Ci sono stato a luglio del 2015; allora una città allo sbando, senza regole, dove regnava povertà, disordine, violenza. La popolazione, in miseria, arrabbiata, disillusa, aggressiva, razzista.
"Hey blanc, gimme money", "Blanc, which business are you doing here?" "Blanc, are you getting a lot of money here?", al mio indirizzo in continuazione.
Complicati gli spostamenti, costosissimi gli alberghi, pochi i posti per mangiare decentemente. Acqua corrente inquinata. Nessun bancomat funzionante, una sola banca anticipava contanti con carte di credito.
Haiti è un pezzo d'Africa nera in America; gli haitiani sono i discendenti diretti degli schiavi importati nel "nuovo" (!) continente e continuano ad essere sfruttati ed umiliati dai "bianchi" in tutti i modi possibili a cominciare dalle organizzazioni umanitarie. Port au Prince è l'unica città al mondo in cui non sono riuscito ad uscire di notte e non ho trovato nessuno disposto a farmi da guida.
Ma ci tornerò.
Sono stato ad Haiti nell'estate 2015