Diciassette maggio 2017, volo air Panama, Panama City-Puerto Obaldia. Dall'avamposto panamense caraibico, dodici giorni di tempo per arrivare a Piura, quinta città del Perù, nel nord-ovest del Paese: il 29 sera abbiamo due posti prenotati sul volo serale Avianca per Lima.
Superata via mare la frontiera Panama-Colombia, attraversato il Paese di Pablo Escobar da Capurgana a Ipiales, varcata a piedi la frontiera con l'Ecuador, visitata la suggestiva Quito, trascorsa una pazza notte in un villaggio a 30 km da Riobamba, il 27 maggio arriviamo a Cuenca, terza città per numero di abitanti dell'Ecuador ed una delle più ricche. E si vede. Bella gente, auto nuove, strade con arredo urbano molto curato e una linea di tram in costruzione (anche se ci diranno che i lavori sono fermi, per mancanza di soldi...).
Piura dista 530 km circa, ampiamente in tempo per il nostro volo due giorni dopo.
Almeno tre compagnie autoviarie effettuano il servizio diretto Cuenca-Piura attraversando la frontiera a Huaquillas, sulla costa, in poco più di dieci ore. Ma noi ci vogliamo arrivare (e cosi sarà) attraversando l'isolata frontiera interna, Macarà/La Tina.
Il 28 maggio di buon mattino, dopo il solito -più disgustoso del solito- huevito revuelto a colazione, un bus in partenza alle 09,00 ci porterà a Loja, prima tappa verso Macarà, la città di frontiera con il Perù.
Quattro ore di viaggio scorrono tranquille, tra dormiveglia, quattro risate e qualche foto. Nonostante il solito orrendo film proiettato a tutto volume e la tentazione di prendere a sassate quel monitor.
Da Loja il primo bus per Macarà parte alle 15,00 e per quanto ci avevano detto a Cuenca: "occorrono tre ore da Loja a Macara", alle 18,00 saremo al confine.
"Probabilmente in tarda serata riusciremo anche ad arrivare a Piura", pensavamo.
E, invece, scopriamo che la strada principale è parzialmente interrotta/in manutenzione e le ore di viaggio saranno sei.
Ringraziati tutti gli dei del Sudamerica, altro non ci resta da fare che buon viso a cattiva sorte. Del resto questo è il nostro modo viaggiare e sappiamo a cosa andiamo incontro.
Il tempo di fare i buffoni con la ragazza dell'area di servizio di fronte all'autostazione e prendiamo posto sul bus per Macarà. Il solito promesso wi-fi non funziona, ma argomenti per far passare il tempo non mancano. Il mantra è: "Passare la notte in Ecuador e attraversare la frontiera domani o provare stasera, col rischio di non trovare mezzi?"
Non riusciremo a dare una risposta durante il viaggio, forse ci sembrava esagerato riuscire a programmare qualcosa con due/tre ore di anticipo, o forse, vista la folle condotta di guida dell'autista, arrivare a destinazione sani e salvi sarebbe già un successo.
Tra i tanti sorpassi azzardati ci colpisce quello, su striscia continua, ad una colonna di motociclisti: "se è costretto a rientrare, ne farà fuori tre", pensavo.
Ma per fortuna di tutti nessun mezzo procederà dal verso opposto in quegli istanti...
Alle 20,00, con un'ora di anticipo (!), siamo a Macarà; un tassista, fin troppo gentile, ci istruisce che passare la frontiera a quell'ora sarebbe inutile perché, dal lato peruviano, non troveremmo mezzi prima dell'alba.
E tanto basta per cancellare i nostri dubbi; per un solo dollaro dice che ci porta in un "ottimo" hotel in centro a 15 dollari a stanza, ma all'unisono avevamo deciso cosa fare.
L'ottimo hotel si rivela una catapecchia, ma se anche fosse stato l'Hilton a quel prezzo, saremmo andati via lo stesso.
Ringraziamo e salutiamo:
"in un modo o in un altro, arriveremo a Piura stanotte".
Sosta in un ristorante dove per accedere alla sala si attraversa la camera da letto di una casa infestata da blatte, ma ottima la carne alla brace, l'insalata e la mitica Inca Cola, che assomiglia tanto ad una cedrata, purtroppo finita anche questa nelle mani della più famosa multinazionale americana delle bevande.
A pancia piena, con un dollaro a testa troveremo un tassista che ci condurrà alla frontiera e anche lui ci dirà che non troveremo mezzi sul versante peruviano.
"Grazie, proseguiamo!".
Dal lato ecuadoregno rapidissime e senza intoppi le procedure doganali; 400 metri di "terra di nessuno", al buio, e arriviamo alla frontiera peruviana.
Siamo gli unici (ma va?) e ad accoglierci è una poliziotta simpaticissima che di italiani, dice, a quella frontiera ne ricorda solo un gruppo "qualche anno fa". Chiacchieriamo, scherziamo in un'atmosfera tutt'altro che formale; riusciamo
a farla ridere e non ci nega un selfie. Anzi è lei a chiederlo.
Ci conferma che il primo mezzo per Piura partirà alle 04,30 del mattino, ma lì siamo al sicuro, lei lavora fino alle 06,00 e, a mezzanotte, ci preparerà gli spaghetti.
"Ma se vi annoiate potete tornare a Macarà a dormire."
"Ma figurati -faccio io- stiamo tanto bene qui. E il mio amico è già innamorato di te".
Sorride.
"Anche io lo sono", aggiungo.
"Yo tambien de vosotros!", la sua risposta...
Frontiere ne ho affrontate tante, ma non mi era mai capitato di trovare una poliziotta disposta a tollerare le mie scemenze e men che mai me lo sarei aspettato in quella "famigerata" Ecuador-Perù, terra di contrabbando e traffici illeciti:
"una delle più pericolose al mondo" a sentire chi non c'è mai stato...
E però, trascorsa la prima mezzora di adrenalina, sopraggiunge la noia.
Sono ancora le 22,00.
La prima birra peruviana per Massimiano, la seconda Inca Cola per me, due chiacchiere con i doganieri, il tempo scorre lentamente; uno degli addetti al controllo dei (pochi) veicoli in transito chiedeva a tutti la disponibilità a offrirci un passaggio, ma niente da fare.
All'improvviso il rombo delle moto.
E' il gruppo di motociclisti che avevamo sorpassato qualche ora prima, durante il viaggio in bus.
Sono giovanissimi peruviani di ritorno da un'escursione in Ecuador; la "nostra" poliziotta scherzerà anche con loro. E sorriderà ancora quando le dirò che siamo gelosi
"Queste moto vanno a Piura!" -ci suggerisce-.
Massimiano non se lo fa ripetere due volte e chiede loro se c'è posto per noi.
Quei fantastici ragazzi diranno sì; la ragazza in divisa ci saluta con il pollice alto e per noi sta per cominciare un'altra grande avventura.
Non siamo attrezzati per un viaggio notturno in moto, ma ci verranno in soccorso le due copertine gentilmente "offerte" da Iceland air qualche settimana prima.
La testa, almeno, è al caldo.
I centocinquanta km che ci separano da Piura possono cominciare.
A metà percorso circa, esattamente nel bel mezzo del nulla, la moto sulla quale avevo preso posto si rompe. Nel buio totale, il motociclista tenta di capire cosa sia successo; poi prova a chiamare i compagni, senza risposta. E allora decide di spingerla ed io lo seguo con lo zaino in spalle in un caldo-umido irreale. Bussa alle casa di sconosciuti chiedendo soccorso; qualcuno apre, ma nessuno fa miracoli.
Finalmente qualcuno del gruppo lo richiama e in pochi minuti quattro moto verranno in nostro soccorso. Parte del gruppo è fermo quindici km più avanti, a Tambogrande; Massimiano è li, "fresco e riposato" ed io lo raggiungerò in un bagno di sudore a bordo di un'altra moto. Aspetteremo molti minuti prima che il gruppo si ricomponga.
Ma la moto sulla quale viaggiavo è ancora guasta e può procedere a non più di 20 km all'ora.
Ed a quella velocità ripartirermo. Mancano ancora 50 km alla meta e sono le 03,00 circa...
"Non arriveremo mai"
Dopo qualche chilometro incrociamo una pattuglia della polizia in servizio con un pick-up:
"Qué pasa muchachos?".
Ignoreranno che siamo senza casco, caricheranno la moto guasta sulla loro vettura e la porteranno a Piura.
Ripartiamo a velocità adeguata e, finalmente, senza ulteriori intoppi arrivo a Piura. In città gli effetti dell'alluvione della settimana precedente ancora ben visibili: fango, polvere, aria irrespirabile. Ci fermiamo al primo albergo che incontriamo e mi precipito a vedere le stanze. Rapporto qualità/prezzo scadente, ma non è esattamente quella la notte adatta per cercare il pelo nell'uovo.
"Appena arriverà Massimiano, ringrazieremo, saluteremo ed andremo a dormire."
Ma l'attesa si prolunga...Inutile chiamare, nessuna riposta. Ad un passo dal delirio, il rombo delle moto.
"E' finita la benzina, abbiamo dovuto spingere per qualche km...".
Non ho nemmeno la forza di commentare, ma quell'albergo non mi piace e chiederemo a quei santi ragazzi l'ultimo sforzo di portarci altrove.
Sono quasi le 04,00.
In pieno centro ci indicano una struttura senza alcuna insegna, esternamente fatiscente ma che, invece, dispone di camere confortevoli. Ci apre la porta una giovane ragazza assonnata e non dimenticherò l'odio nei suoi occhi quando, dopo aver lasciato i bagagli nelle stanze, le diremo che stiamo uscendo per mangiare qualcosa...
Tutto chiuso a quell'ora, ma in una piazza attraversata in moto a poche centinaia di metri dall'albergo avevamo visto delle luci e qualche rickshaw-taxi in attesa di avventori. Due chiacchiere con un tassista e, per pochi spiccioli, con il suo mezzo, ci porterà in un mercato dove, uno accanto all'altro, ci sono ristoranti all'aperto in servizio 24/24.
Riconosciamo alcuni ragazzi del gruppo di motociclisti e ci uniamo al loro tavolo: riso, pollo e ceviche, uno dei piatti tradizionali peruviani.
Abbracci, sorrisi e stupore nei loro occhi:
"Questi due sono pazzi".
Si offriranno di accompagnarci e riusciremo pure a perderci, per qualche minuto, nelle deserte strade di Piura:
"Ma come si chiama l'albergo?".
Con l'ultimo barlume di lucidità lo ritroveremo; dolce e bevanda per la ragazza che ci aspettava in reception.
Per quella notte basta così, tra poco si ricomincia.
Superata via mare la frontiera Panama-Colombia, attraversato il Paese di Pablo Escobar da Capurgana a Ipiales, varcata a piedi la frontiera con l'Ecuador, visitata la suggestiva Quito, trascorsa una pazza notte in un villaggio a 30 km da Riobamba, il 27 maggio arriviamo a Cuenca, terza città per numero di abitanti dell'Ecuador ed una delle più ricche. E si vede. Bella gente, auto nuove, strade con arredo urbano molto curato e una linea di tram in costruzione (anche se ci diranno che i lavori sono fermi, per mancanza di soldi...).
Piura dista 530 km circa, ampiamente in tempo per il nostro volo due giorni dopo.
Almeno tre compagnie autoviarie effettuano il servizio diretto Cuenca-Piura attraversando la frontiera a Huaquillas, sulla costa, in poco più di dieci ore. Ma noi ci vogliamo arrivare (e cosi sarà) attraversando l'isolata frontiera interna, Macarà/La Tina.
Il 28 maggio di buon mattino, dopo il solito -più disgustoso del solito- huevito revuelto a colazione, un bus in partenza alle 09,00 ci porterà a Loja, prima tappa verso Macarà, la città di frontiera con il Perù.
Quattro ore di viaggio scorrono tranquille, tra dormiveglia, quattro risate e qualche foto. Nonostante il solito orrendo film proiettato a tutto volume e la tentazione di prendere a sassate quel monitor.
Da Loja il primo bus per Macarà parte alle 15,00 e per quanto ci avevano detto a Cuenca: "occorrono tre ore da Loja a Macara", alle 18,00 saremo al confine.
"Probabilmente in tarda serata riusciremo anche ad arrivare a Piura", pensavamo.
E, invece, scopriamo che la strada principale è parzialmente interrotta/in manutenzione e le ore di viaggio saranno sei.
Ringraziati tutti gli dei del Sudamerica, altro non ci resta da fare che buon viso a cattiva sorte. Del resto questo è il nostro modo viaggiare e sappiamo a cosa andiamo incontro.
Il tempo di fare i buffoni con la ragazza dell'area di servizio di fronte all'autostazione e prendiamo posto sul bus per Macarà. Il solito promesso wi-fi non funziona, ma argomenti per far passare il tempo non mancano. Il mantra è: "Passare la notte in Ecuador e attraversare la frontiera domani o provare stasera, col rischio di non trovare mezzi?"
Non riusciremo a dare una risposta durante il viaggio, forse ci sembrava esagerato riuscire a programmare qualcosa con due/tre ore di anticipo, o forse, vista la folle condotta di guida dell'autista, arrivare a destinazione sani e salvi sarebbe già un successo.
Tra i tanti sorpassi azzardati ci colpisce quello, su striscia continua, ad una colonna di motociclisti: "se è costretto a rientrare, ne farà fuori tre", pensavo.
Ma per fortuna di tutti nessun mezzo procederà dal verso opposto in quegli istanti...
Alle 20,00, con un'ora di anticipo (!), siamo a Macarà; un tassista, fin troppo gentile, ci istruisce che passare la frontiera a quell'ora sarebbe inutile perché, dal lato peruviano, non troveremmo mezzi prima dell'alba.
E tanto basta per cancellare i nostri dubbi; per un solo dollaro dice che ci porta in un "ottimo" hotel in centro a 15 dollari a stanza, ma all'unisono avevamo deciso cosa fare.
L'ottimo hotel si rivela una catapecchia, ma se anche fosse stato l'Hilton a quel prezzo, saremmo andati via lo stesso.
Ringraziamo e salutiamo:
"in un modo o in un altro, arriveremo a Piura stanotte".
Sosta in un ristorante dove per accedere alla sala si attraversa la camera da letto di una casa infestata da blatte, ma ottima la carne alla brace, l'insalata e la mitica Inca Cola, che assomiglia tanto ad una cedrata, purtroppo finita anche questa nelle mani della più famosa multinazionale americana delle bevande.
A pancia piena, con un dollaro a testa troveremo un tassista che ci condurrà alla frontiera e anche lui ci dirà che non troveremo mezzi sul versante peruviano.
"Grazie, proseguiamo!".
Dal lato ecuadoregno rapidissime e senza intoppi le procedure doganali; 400 metri di "terra di nessuno", al buio, e arriviamo alla frontiera peruviana.
Siamo gli unici (ma va?) e ad accoglierci è una poliziotta simpaticissima che di italiani, dice, a quella frontiera ne ricorda solo un gruppo "qualche anno fa". Chiacchieriamo, scherziamo in un'atmosfera tutt'altro che formale; riusciamo
a farla ridere e non ci nega un selfie. Anzi è lei a chiederlo.
Ci conferma che il primo mezzo per Piura partirà alle 04,30 del mattino, ma lì siamo al sicuro, lei lavora fino alle 06,00 e, a mezzanotte, ci preparerà gli spaghetti.
"Ma se vi annoiate potete tornare a Macarà a dormire."
"Ma figurati -faccio io- stiamo tanto bene qui. E il mio amico è già innamorato di te".
Sorride.
"Anche io lo sono", aggiungo.
"Yo tambien de vosotros!", la sua risposta...
Frontiere ne ho affrontate tante, ma non mi era mai capitato di trovare una poliziotta disposta a tollerare le mie scemenze e men che mai me lo sarei aspettato in quella "famigerata" Ecuador-Perù, terra di contrabbando e traffici illeciti:
"una delle più pericolose al mondo" a sentire chi non c'è mai stato...
E però, trascorsa la prima mezzora di adrenalina, sopraggiunge la noia.
Sono ancora le 22,00.
La prima birra peruviana per Massimiano, la seconda Inca Cola per me, due chiacchiere con i doganieri, il tempo scorre lentamente; uno degli addetti al controllo dei (pochi) veicoli in transito chiedeva a tutti la disponibilità a offrirci un passaggio, ma niente da fare.
All'improvviso il rombo delle moto.
E' il gruppo di motociclisti che avevamo sorpassato qualche ora prima, durante il viaggio in bus.
Sono giovanissimi peruviani di ritorno da un'escursione in Ecuador; la "nostra" poliziotta scherzerà anche con loro. E sorriderà ancora quando le dirò che siamo gelosi
"Queste moto vanno a Piura!" -ci suggerisce-.
Massimiano non se lo fa ripetere due volte e chiede loro se c'è posto per noi.
Quei fantastici ragazzi diranno sì; la ragazza in divisa ci saluta con il pollice alto e per noi sta per cominciare un'altra grande avventura.
Non siamo attrezzati per un viaggio notturno in moto, ma ci verranno in soccorso le due copertine gentilmente "offerte" da Iceland air qualche settimana prima.
La testa, almeno, è al caldo.
I centocinquanta km che ci separano da Piura possono cominciare.
A metà percorso circa, esattamente nel bel mezzo del nulla, la moto sulla quale avevo preso posto si rompe. Nel buio totale, il motociclista tenta di capire cosa sia successo; poi prova a chiamare i compagni, senza risposta. E allora decide di spingerla ed io lo seguo con lo zaino in spalle in un caldo-umido irreale. Bussa alle casa di sconosciuti chiedendo soccorso; qualcuno apre, ma nessuno fa miracoli.
Finalmente qualcuno del gruppo lo richiama e in pochi minuti quattro moto verranno in nostro soccorso. Parte del gruppo è fermo quindici km più avanti, a Tambogrande; Massimiano è li, "fresco e riposato" ed io lo raggiungerò in un bagno di sudore a bordo di un'altra moto. Aspetteremo molti minuti prima che il gruppo si ricomponga.
Ma la moto sulla quale viaggiavo è ancora guasta e può procedere a non più di 20 km all'ora.
Ed a quella velocità ripartirermo. Mancano ancora 50 km alla meta e sono le 03,00 circa...
"Non arriveremo mai"
Dopo qualche chilometro incrociamo una pattuglia della polizia in servizio con un pick-up:
"Qué pasa muchachos?".
Ignoreranno che siamo senza casco, caricheranno la moto guasta sulla loro vettura e la porteranno a Piura.
Ripartiamo a velocità adeguata e, finalmente, senza ulteriori intoppi arrivo a Piura. In città gli effetti dell'alluvione della settimana precedente ancora ben visibili: fango, polvere, aria irrespirabile. Ci fermiamo al primo albergo che incontriamo e mi precipito a vedere le stanze. Rapporto qualità/prezzo scadente, ma non è esattamente quella la notte adatta per cercare il pelo nell'uovo.
"Appena arriverà Massimiano, ringrazieremo, saluteremo ed andremo a dormire."
Ma l'attesa si prolunga...Inutile chiamare, nessuna riposta. Ad un passo dal delirio, il rombo delle moto.
"E' finita la benzina, abbiamo dovuto spingere per qualche km...".
Non ho nemmeno la forza di commentare, ma quell'albergo non mi piace e chiederemo a quei santi ragazzi l'ultimo sforzo di portarci altrove.
Sono quasi le 04,00.
In pieno centro ci indicano una struttura senza alcuna insegna, esternamente fatiscente ma che, invece, dispone di camere confortevoli. Ci apre la porta una giovane ragazza assonnata e non dimenticherò l'odio nei suoi occhi quando, dopo aver lasciato i bagagli nelle stanze, le diremo che stiamo uscendo per mangiare qualcosa...
Tutto chiuso a quell'ora, ma in una piazza attraversata in moto a poche centinaia di metri dall'albergo avevamo visto delle luci e qualche rickshaw-taxi in attesa di avventori. Due chiacchiere con un tassista e, per pochi spiccioli, con il suo mezzo, ci porterà in un mercato dove, uno accanto all'altro, ci sono ristoranti all'aperto in servizio 24/24.
Riconosciamo alcuni ragazzi del gruppo di motociclisti e ci uniamo al loro tavolo: riso, pollo e ceviche, uno dei piatti tradizionali peruviani.
Abbracci, sorrisi e stupore nei loro occhi:
"Questi due sono pazzi".
Si offriranno di accompagnarci e riusciremo pure a perderci, per qualche minuto, nelle deserte strade di Piura:
"Ma come si chiama l'albergo?".
Con l'ultimo barlume di lucidità lo ritroveremo; dolce e bevanda per la ragazza che ci aspettava in reception.
Per quella notte basta così, tra poco si ricomincia.