Nuova Zelanda, la battaglia con la doganiera


"Il giro del mondo in ottantacinque giorni"


Il 17 giugno la mia prima trasvolata Pacifica. Da Santiago ad Auckland, passando da Gmt+4 a Gmt-11 volando 11 ore e 40 minuti a bordo di un eccellente B787dreamliner di Latam.
Una piccola disavventura alla dogana. C'è una sorta di "triage" al controllo passaporti all'aeroporto di Auckland e la solerte poliziotta del gabbiotto in cui ero capitato aveva optato per il "codice rosso": controllo rigoroso del bagaglio. L'aveva insospettita la sequenza di timbri delle ultime sette settimane sul mio passaporto. Costa Rica, Panama, Colombia, Ecuador, Peru, Bolivia, Argentina e, infine, Cile, da dove proveniva il volo Latam dal quale ero appena sceso.

Era convinta che trasportassi droga, era convinta di aver scovato un narcotrafficante,
era convinta...


Con professionalità e cortesia, senza mai mettere le mani addosso, dopo avermi accompagnato a ritirare il mio misero zaino (6,8 kg), vengo scortato in un'ampia sala dove un nugolo di persone, in borghese e in divisa, sembrava molto indaffarata.
"Appoggi il bagaglio su questo banco e attenda."
Attendiamo.
Sono attimi, quelli -non era certo la prima volta che mi capita una sceneggiata del genere- in cui, pur sapendo di aver nulla da nascondere, c'è apprensione; il solito dubbio:
"E se il bagaglio fosse stato manomesso?"
Dopo qualche minuto d'attesa arriva una donna in divisa, con i lineamenti asiatici che con un tono serio e rigoroso comincia l'indagine. Innanzitto mi ordina di sedermi (e pure questo conosciamo il motivo) e via con le solite domande standard:
"Chi sei?/Da dove vieni/Cosa sei venuto a fare qui?/Quanto tempo resterai?/Prossima destinazione?"
Poi, alcune che non avevo mai sentito.
"Chi ti ha pagato il biglietto aereo?", "Quanto tempo fa lo hai comprato?"
"Me l'ha comprato tua sorella&saranno cazzi miei" è quello che ho pensato, prima di rispondere la verità:
"L'ho pagato con i miei soldi, ovviamente. Comprato a marzo dopo aver tentato tutti i metodi per pagare il meno possibile, p&%$£ m£^&==£".

Ma lei ci prova:
"Nel nostro database risulta che lei ha comprato il biglietto due settimane fa"
"Il vostro database si confonde. Se mi dà una connessione internet le dimostro tutto."
"No, it's fine" Intanto, munita di guanti, dopo aver tirato fuori tutto il contenuto della mia valigia e averlo disposto sul banco, ricomincia a sfogliare il passaporto:
"Come mai questi timbri in Sudamerica?"
Ormai era chiaro che non ero vittima di alcuna imboscata, ma quell'indagine soltanto frutto del mio itinerario "sospetto". Con tranquillità:
"Sto facendo il giro del mondo: Italia, Germania, Islanda, Canad..." Mi interrompe: "E che lavoro fa? Come si è pagato il viaggio?"
"Vedo che lei è sposata -e le indico la fede- Ha figli? Probabilmente suo marito non può farlo, ma io non sono sposato e non ho figli e sono libero di viaggiare"
Impassibile, setaccia minuziosamente tra le mie cose. Fortuna, per lei, che il giorno prima avevo portato tutto l'abbigliamento in lavanderia. Si imbatte nel piccolo blocco di sale che avevo prelevato come souvenir nel salar di Uyuni; ma -è gente esperta, quella- capisce immediatamente che non ha nulla a che fare con ciò che cerca.
Apre il notebook e chiede:
"Ha usato droghe nelle ultime settimane?"
-("Oh! finalmente me lo hai chiesto!")-
"(no, tesoro...) Non soltanto nelle ultime settimane. Mai in vita mia. Nemmeno sigarette..."
Ovviamente non m'ha creduto ed ha chiesto l'intervento di una collega per effettuare il test sulla tastiera; analoga sorte anche per il telefono. In attesa del responso continua a sfogliare nervosamente il passaporto, digitando chissà cosa al computer.

"Scusi posso dirle una cosa?" -le faccio-
"..."
"Questo è il mio sesto passaporto, quelli completi li custodisco a casa; la Nuova Zelanda è stato il 95° Paese in cui sono stato, un anno fa. E Vanuatu sarà il 108esimo. Sul mio blog personale orcaloca.it ci sono tutti i miei viag..."
A quel punto irrompe la collega con il responso del test ai miei due dispositivi; ovviamente negativi. Le due donne si guardano con delusione; è definitivamente chiaro che hanno fatto un (enorme) buco nell'acqua. L'unica cosa a cui si possono attaccare, e quello faranno, sono le due piccole conchiglie che avevo raccolto sulla spiaggia di Puerto Obaldía a Panama, che nemmeno ricordavo.
"Queste non si possono portare, è scritto anche sul modulo che ha presentato firmato alla dogana..."
Ci sono regole molto rigide in merito all'importazione di cibo, semi, e tutto ciò che è organico. Incluse conchiglie. Ad onor del vero è tutto ben segnalato.
"Tutt' stu burdello pe' ddoje conchiglie?. D'accordo, quant'è la multa?"
"No, va bene, può andare..."

In Nuova Zelanda ero stato l'anno prima, girando in auto a noleggio l'isola settentrionale. Stavolta solo tre ore. Bello, certamente, non esattamente quello che interessa a me, però. Stavolta solo poche ore in aeroporto, sto per volare alla scoperta di Vanuatu