Bahamas, Usa...


"Il giro del mondo in ottantacinque giorni"

Stato sovrano soltanto sulla carta, le Bahamas sono, di fatto, colonia anglo-statunitense e non soltanto Reame del Commonwealth indipendente.
Pochi secondi dall'atterraggio per rendermene conto: agli uffici immmigrazione una delegazione Yankee stava istruendo il personale bahamians in procedure di controllo anti terrorismo e l'immediata certezza che mi avrebbero rotto le scatole. I miei viaggi pre-covid in Afghanistan, Iraq e Iran mi costano (senza rimpianto alcuno) il diniego dell'Esta; per entrare in Usa dovrei richiedere il visto in consolato.
'Fanculo.
Il problema è che rompono i coglioni anche fuori da casa loro.

"Quando sei stato in Iran?/E perché ci sei andato?/E per quanti giorni?
...
"Quando sei stato in Iraq?/E perché ci sei andato?..."
...
"E quando sei stato in Afghanistan?..."
...

"Ma nun me scassat' o cazz'...",
senz'altro la risposta più adeguata, ma in quel momento, ero dalla parte dell'incudine e dunque poco altro da fare se non "piegarmi a libretta" e rispondere con serietà fingendo rispetto.
Tutto questo mentre i bahamians non vedevano l'ora di chiudere il mercatino (quello sul quale avevo viaggiato, proveniente da L'havana, era l'ultimo volo del giorno, ed io l'unico passeggero rimasto "in sospeso") e tornare a casa o buttarsi in uno dei pochi pub aperti fino a tardi per sfondarsi di Sands&Rum. Alla fine di quella inutile quanto ridicola pantomima, il via libera:
il Commonwealth of Bahamas è stato il 139esimo Paese sovrano (?!!?) in cui mettevo piede, il 28esimo del continente americano, il sesto (su tredici) di quelli insulari caraibici.

Ma intanto si erano fatte le 22,00 e l'unico modo per raggiungere il downtown di Nassau,
la piccola ed insignificante Capitale, un taxi: 15 km, 35 usd.
E prima notte spenderò per dormire quanto mi basta per una settimana a Cuba. Ma tant'è: che fosse una destinazione non adatta ai poveri (e taccagni) come me, lo sapevo.

Cinque giorni per visitare a fondo New Providence, e nessuna tentazione di spostarmi in un'altra isola. Qualche bella spiaggia, mare cristallino, i locali con musica (e pure altro) giamaicana, alcuni splendidi panorami. E poco altro adatto al mio modo di viaggiare.
Al contrario, meta ambita per i passeggeri delle numerose navi crociera che quotidianamente attraccano nel piccolo porto di Nassau. Gruppi più o meno numerosi che si catapultano in un recinto di poche migliaia di mq intorno al porto spendendo montagne di soldi nei tanti negozi di lusso (Rolex, Gucci, gioiellerie di ogni specie) e souvenir insignificanti. Per poi risalire a bordo, in fila indiana, prima delle 17,00, orario di ripartenza delle navi.

Ovviamente, banche ad ogni angolo, canadesi, britanniche, statunitensi in prevalenza. Certamente non solo a servizio dei 250mila residenti.
Di fronte al downtown di Nassau, Paradise island, un'isoletta che, a parte qualche bella spiaggia sul lato nord, non ha alcunché di paradisiaco, collegata con due ponti stradali e pedonali, sulla quale sono stati costruiti alcuni lussuosissimi resort.
Spicca l'Atlantis, gemello di quello di Dubai, con porto turistico annesso, accessibbile anche a noi poveri, dove si possono ammirare yacht grossi come aerostazioni, con ben in evidenzata la bandiera del proprio Paese ben in evidenza.

A portare avanti questo lusso spropositato, lavoratori, ovviamente in maggioranza dalla pelle nera, che si spostano da un punto all'altro dell'isola utilizzando un efficace sistema di trasporto pubblico con minibus, 1,25 usd il prezzo minimo del biglietto. Ovviamente con quelli mi spostavo, quasi sempre unico bianco a bordo.

Dopo la partenza delle navi il centro di Nassau si spopola; alle 17,30 è già tutto chiuso, resistono fino alle 23,00 un Mac Donald's -utile per il wifi gratis- e un pub con musica gradevole, ma ad alto volume, fino alle 02,00. Sulla spiaggia urbana -Junkanoo beach- uno stabilimento balneare vende alcolici fino a mezzanotte, ma a prezzi folli, di fronte un paio di pub/bar veramente squallidi.
Alcuni quartieri interessanti lontani dal centro di Nassau movimentati, grazie alla presenza di "rasta" (o presunti tali) giamaicani, anche dopo il tramonto ci sono, ma serve un mezzo privato per raggiungerli.

Non credo che desidererò tornare alle Bahamas, ma, per poterlo dire, bisogna andarci; del resto,
se l'obiettivo è quello di "mettere piede" in tutti gli Stati Sovrani del mondo, mi tocca fare anche qualche "sacrificio"...